
Ieri, 27 febbraio 2019, è stato presentato il 5° report italiano sui Minibond, a cura dell’Osservatorio sul Crowdinvesting del Politecnico di Milano.
Il report ci fornisce una panoramica sui risultati del mercato dei Minibond in Italia nel 2018.
Ripassiamo brevemente cosa sono i “Minibond”. Si tratta di titoli di debito emessi dalle imprese sul mercato mobiliare e sottoscritti da investitori professionali e qualificati, che a fronte della raccolta di capitale (che viene poi rimborsato secondo modalità predefinite) offrono una remunerazione contrattualmente stabilita attraverso il pagamento di cedole. Fino al 2013 si trattava di forme di finanziamento quasi esclusivamente utilizzate solo da imprese quotate, o comunque non ‘diffuse’ fra le PMI.
Più recentemente invece sempre più imprese di piccole e medie dimensioni hanno rivolto la loro attenzione a questa forma di finanziamento.
L’osservatorio ha focalizzato la propria analisi sull’andamento di questo strumento la cui emissione non ha superato i € 500 milioni.
L’anno passato si è chiuso positivamente, in media. In Italia è aumentato il numero delle imprese che hanno emesso Minibond: 176 contro le 150 del 2017. Le emittenti del 2018 si suddividono quasi equamente fra PMI (secondo la definizione adottata a livello europeo1) e non-PMI (95 PMI e 81 non-PMI.)
Inoltre di queste aziende 45 società a responsabilità limitata S.r.l. (25,6% del totale, in deciso aumento rispetto al 14,0% del 2017).
Tuttavia, l’osservatorio ha evidenziato evidenziato alcune criticità che hanno caratterizzato il fenomeno dei minibond nel 2018:
Nonostante questi segnali di rallentamento, nel 2018 i mini-bond si confermano quale fonte di finanziamento alternativa e complementare al credito bancario soprattutto in preparazione (come se fosse un ‘allenamento’) a successive operazioni con investitori istituzionali più complesse come possono essere il private equity o la quotazione in Borsa.
Le finalità di emissione dei mini-bond si sono evolute nel 2018. Infatti, sono utilizzati in un’ampia gamma di operazioni; accanto al rifinanziamento del debito o alla raccolta di capitale per investimenti implementati da aziende pienamente operative, troviamo ormai tipologie molto variegate di casi, per il finanziamento di operazioni che vanno dalle startup ai buyout, fino al turn-around, spesso in abbinamento con equity kicker.
Come anticipato, anche se i Minibond sono sempre stati nel radar delle SPA, nel 2018 sono raddoppiate le SRL tra il novero delle emittenti. Il settore principale è il manifatturiero mentre l’aera geografica più attiva è il nord Italia
Per quel che riguarda il capitolo investitori, invece, il 2018 ha visto confrontarsi su percentuali tra il 20% e il 30% fondi chiusi di private debt (al 26%), investitori esteri (al 25%) e banche nazionali (al 21%). In misura minore, ma in crescita, asset and wealth management (11%), assicurazioni estere (al 9%), Finanziarie regionali al 4% e Confidi al 3%.
Va ricordato che l’emissione di minibond è un percorso in cui l’azienda deve essere affiancata da professionisti, in particolare è necessaria la presenza di:
Un advisor è un consulente destinato ad affiancare l’impresa nella decisione strategica iniziale, nell’analisi del business plan, dell’information memorandum e nella definizione di tempi e modalità dell’emissione.
Consulenti legali si occupano di verificare gli aspetti formali e di compliance rispetto ai contratti e ai regolamenti o prospetti del prestito.
Un arranger si occupa invece del collocamento dei titoli sul mercato, individuando i potenziali investitori e occupandosi del ‘fine tuning’ rispetto alla definizione dei rendimenti offerti.
Una società di rating è un altro attore di riferimento nell’emissione di giudizi indipendenti sulla solvibilità dell’emittente.
Importante anche il ruolo delle banche agenti e delle banche depositarie, che assistono le emittenti nei processi amministrativi correlati alla dematerializzazione dei titoli e alla gestione dei pagamenti
Le premesse in apertura fanno presupporre un andamento conservativo per il 2019: visti i segnali negativi dei mercati e delle congiunture economico-politiche. Inoltre, conviene non sottovalutare la concorrenza delle attività di direct lending che stanno cominciando a proporsi in maniera sempre più frequente. E, per concludere, un altro fattore che portano l’Osservatorio ad essere cauto per il 2019 è la coscienza che “il rifinanziamento dei mini-bond in scadenza potrebbe assorbire una parte consistente delle risorse a disposizione e limitare l’offerta di nuovo capitale”.
Ciononostante alcune interessanti novità saranno sotto i riflettori durante il 2019:
– le società di cartolarizzazioni avranno la possibilità di erogare direttamente finanziamenti sia a società per azioni sia a Srl (non solo di acquistandone i crediti). Si tratta di una novità che potrebbe supportare le operazioni di cartolarizzazione di mini-bond;
– dare la possibilità ai portali di equity crowdfunding di aprirsi anche al mercato dei Minibond, ipotizzando l’apertura del collocamento dei mini-bond anche al pubblico dei ‘piccoli risparmiatori’.
Grandi aspettative infine vengono riposte nell’arrivo degli ELTIF (European Long Term Investment Funds), ovvero fondi chiusi a medio-lungo termine destinati a finanziare le PMI non quotate, o quotate ma con capitalizzazione sotto € 500 milioni. Non essendo classificati come fondi di investimento alternativi, saranno aperti anche a investitori retail con buona preparazione finanziaria. Molte case di investimento si stanno muovendo in questa direzione.
Insomma, i Minibond sono uno strumento ormai stabile all’interno del mercato italiano dell’imprenditoria e rappresentano un valido strumento di sostegno alle PMI italiane. Perché non approfittarne dunque?
Scarica il Report dell’Osservatorio sul CrowdInvesting e le Slides della presentazione
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